Immaginate un campo di calcio, un campo nominato Neftaynik Stadium situato a Perm, Russia, le tribune piene di tifosi che acclamano la propria squadra, vip, presidenti di calcio, sopra le curve due maxi schermi che inquadravano i tifosi e il campo. Negli spogliatoi vedevo i miei compagni nervosi, questa era una partita molto importante non solo per noi ma anche per tutti i tifosi russi, noi contro l’Ucraina, se vinciamo passiamo alle finali. Fummo chiamati, ci incamminammo verso il corridoio sotto le tribune, i nostri sguardi si incrociavano con quelli degli avversari, i bambini che tenevano le nostre mani tremanti, pian piano si formò una lunga fila di calciatori dietro e accanto me che saltellavano sul posto, i portieri con i guanti in mano. Dopo due minuti di attesa entrammo in campo e i tifosi cominciarono a gridare e suonare, come ogni volta ci mettemmo uno accanto all’altro e a dividere le squadre quattro arbitri. Iniziò il nostro inno e in tribuna ci fu un silenzio tale da permetterci di sentire il respiro del compagno accanto. L’emozione era molta. Durante l’inno alcuni compagni avevano gli occhi lucidi, altri erano seri, dopo trenta secondi circa iniziò l’inno dell’Ucraina. Erano tutti seri, immobili e abbracciati tra di loro. Al termine degli inni i nostri capitani, della mia l’attaccante Andreij e dell’altra il portiere, si diressero verso gli arbitri per decidere chi doveva iniziare, nel mentre noi andammo a posizionarci nei nostri posti, l’arbitro tirò la monetina. Iniziano loro. Con il calcio d’inizio cominciò la partita. Dopo qualche secondo la palla era nella nostra aria di rigore, un nostro difensore per prendere la palla dall’avversario fece un fallo. Calcio di rigore per l’Ucraina. La tribuna si zittì! Tutti in tensione, l’avversario battè il rigore ma colpì il palo! La partita riprese, la palla era nostra. Dopo vari passaggi e minuti finalmente un mio compagno fece un gol ma dopo mezz’ora gli avversari ristabilirono la parità. Passarono altri due minuti e prendemmo un altro gol e dopo un altro ancora. Eravamo nervosi ma questo peggiorava le cose. A fine primo tempo eravamo 1-3 per l’Ucraina. Andammo negli spogliatoi e il capitano disse:” dobbiamo stare calmi, o peggioreremo le cose, abbiamo altri 45 minuti per vincere, dai! Daii! Forza, c’è la possiamo fare, coraggio!!!!”.
Dopo dieci minuti rientrammo in campo, e quando guardai il maxi schermo vidi una ragazza, era bellissima, mora, con gli occhi castani, la carnagione un pò abbronzata. C’erano 10C° quindi era molto coperta, faceva molto freddo. Per tutta la partita guardavo spesso lo schermo, ma non la inquadravano spesso, allora cercai di capire dove fosse posizionata. Dopo qualche minuto la palla entrò nella porta avversaria, cercai di impegnarmi il più possibile, quando segnammo alzai lo sguardo verso lo schermo e la vidi ridere, era bellissima. Per venti minuti la partita fu costante, passaggi e passaggi, mancava un gol per il pareggio, purtroppo la palla andò nella porta sbagliata, la partita andava 2-4 per l’ucraina. La tensione aumentava tra i tifosi russi. La bellissima non rideva più, dovevo fare qualcosa per farla ridere, presi la palla e tirai un calcio con forza, la palla andò a finire dove volevo, nell’aria di rigore e come speravo un mio compagno fece gol. Adesso mancava un solo gol per non perdere, rimanevano solamente otto minuti alla fine della partita. Ormai le speranze erano quasi perse, ma quando vidi la ragazza con la testa abbassata e con le lacrime agli occhi, dentro di me successe qualcosa di strano, non so cosa mi fosse capitato ma ebbi la forza di marcare tutti gli avversari ed arrivare faccia a faccia con il portiere avversario. Due difensori dell’altra squadra cercarono di prendermi la palla ma tirai un colpo deciso e il portiere la prese con la punta delle dita mandandola dietro la porta, era calcio d’angolo per noi, io mi posizionai quasi davanti la porta e il battitore più forte della mia squadra si diresse nell’area del calcio d’angolo. Tutti i tifosi russi non battevano ciglio, erano con le bandiere in mano e sembrava che non respirassero dalla tensione. Rimanevano gli untimi due minuti. Venne battuto il corner, la palla era diretta verso di me, cercavo di allontanare gli avversari, saltai e colpii la palla con la testa, il portiere la sfiorò con le dita ma entrò in porta. La partita terminò 4-4, ora toccava affrontare i tempi supplementari ma pareggiammo. Il nostro allenatore scelse cinque di noi per i calci di rigore tra cui me, il capitano Andreji e altri tre. Cominciammo noi, il silenzio regnava. Un mio compagno tira e fa gol, il silenzio fu spezzato dalle urla russe. Ora toccava a loro. L’avversario si reca dal nostro portiere, Vladimir, tira un colpo deciso, il portiere la stava per prendere ma la palla entra lo stesso in porta. Ora tocca al nostro capitano Andreji. Calcia e manda la palla all’incrocio dei pali. Toccava a loro, parte un altro giocatore ucraino ma prende la traversa. Poteva esserci una speranza di vincere, erano forti, anche se avevano un gol in meno di noi non si erano persi d’animo. La partita terminò quattro a tre, ma per l’Ucraina, ancora non ci credo, avevamo perso. Guardai il maxi schermo sperando di rivederla ma non c’era più. Entrai nello spogliatoio, mi lavai, mi cambiai e quando tutta la squadra fu pronta andammo verso l’autobus, lì ad attenderci c’erano solamente pochi tifosi. Salimmo sull’autobus, mentre lo stesso camminava, avevo la testa poggiata sul sedile, mi girai per guardare fuori dal finestrino e la vidi, era triste, con gli occhi lucidi, immediatamente ordinai di fermare l’autobus, non potevo perdere l’occasione di parlare con lei, scesi e me diressi verso di lei e le dissi:
“ciao vuoi fare una pazzia?” tremante e incredula mi rispose:
“non è uno scherzo, vero?”
“Ahahah no non è uno scherzo, sali con me in autobus”.
“va bene, ma poi mi devi accompagnare in aeroporto altrimenti perdo l’aereo, anche se mi piacerebbe stare qua”.
Quando mi disse di si, divenni il ragazzo più felice del mondo nonostante avessimo perso.
“ Dai vieni, non ti preoccupare per i miei compagni se non ti daranno tanta retta, ma sai perché sono così”.
“Va bene, tranquillo”.
Fece un sorriso, salì con me, salutò tutti timida e imbarazzata, si sedette insieme a me e cominciammo a parlare.
“ io mi chiamo Nicolay e tu?” con un meraviglioso sorriso rispose:
“Bianca”
“sei italiana?”
“Più o meno, mio padre è italiano, è nato a Caltanissetta in Sicilia e mia madre è russa, e tu? Dove abiti?”
“ Io abito a San Pietroburgo, sei mai stata in Italia?”
“Si dai miei nonni paterni, abitano in Sicilia, a Caltanissetta”.
“ Attualmente dove abiti?”
“A Sertolovo”
“Buono, così posso venirti a trovare spesso, cosa fai per ora?”
“ Sto frequentando l’università statale di San Pietroburgo”.
“Wow, bella Università. Bene siamo arrivati a destinazione, sali con me, stasera stessa prendiamo l’aereo per San Pietroburgo con tutta la squadra”
Più la guardavo più era bella, si sentiva a disagio, stava sempre accanto a me e non mi dispiaceva, anzi. Arrivati a San Pietroburgo la riportai a casa, abitava in una casa meravigliosa, enorme, immersa nel verde.
Bianca quando scese dall’auto mi chiese:
“ E ora? Cioè, che faremo?” la interruppi mentre parlava e le dissi:
“Mi piacerebbe rivederti un’altra volta, ti va?”
“Si si certo, speravo me lo domandassi, quando?”
“ Anche domani mattina, alle otto e mezza ti vengo a prendere va bene?”
“Si va bene, sono contenta che ci rivediamo”
“Anche io, allora a domani piccola italiana”
“ A domani grande calciatore, buona notte”
“ notte” feci un sorriso e lei ricambiò.
Mentre ritornavo a casa ero felice, pensavo in continuazione all’espressione che fece quando per la prima volta le andai incontro, a quando le chiesi se voleva uscire domani.
Com’è passato il tempo, già sono davanti casa sua che l’aspetto, sono le otto e venti, l’ho intravista dalla finestra, forse sarà la sua stanza, corre a destra e a sinistra, ora sta mettendo una magliettina, ora sta guardando fuori la finestra, mi ha visto, è bellissima, mi ha fatto cenno che mi sta raggiungendo.
“buon giorno piccola italiana”
“ buon giorno anche a te Nicolay, dove andiamo? sono curiosa”
“ beh! Ora vedrai”
Quella mattina la portai a San Pietroburgo al museo Ermitage e al palazzo di Pietro il Grande. A mezzogiorno la portai in un bel ristorante per farle assaggiare la specialità di quest’ultimo.
Nel primo pomeriggio andammo al mercato della frutta, le colpì molto l’ordine, la precisione e la sistemazione della frutta, alcuni frutti erano sistemati a piramide.
Verso le quattro del pomeriggio la portai al Palazzo d’Inverno, d’Estate e ai giardini di Peterhof.
Le piacquero molto i viali lunghi e diritti, vasti spazi, i grandi giardini e i parchi. I bambini che giocavano sulle giostre, che si divertivano, e quando mi vedevano alcuni mi riconoscevano, correvano verso i genitori e dicevano loro che c’ero io.
Bianca ogni volta che lo notava mi diceva:
“ Beccato” .
Mentre mangiavamo mi disse:
“ Sei molto amato a quando vedo, è una bella cosa”
“Beh! Si, è sempre così ogni volta che esco, a dirti la verità mi piace, mi piace parlare e prestare attenzione agli altri”.
Uscimmo tante di quelle volte che un giorno i suoi mi invitarono a casa per presentarsi, ero molto felice di conoscerli, non vedevo l’ora.
Una sera la portai a cena nel mio ristorante preferito il Mansarda Restaurant.
Rimase sbalordita dalla bellezza del locale. Quando finimmo di mangiare la portai al Grand Hotel Europe, avevo prenotato una Suite con piscina e comprato un costume per Bianca per farle una sorpresa.
Prima di entrare nella stanza la bendai con la mia cravatta. Una volta entrati la portai in bagno e le dissi:
“cambiati” sorridendo, la vidi disorientata con la cravatta negli occhi, in bagno le lasciai un biglietto con scritto” metti il costume, spero ti piacerà e sono sicuro che ti starà meravigliosamente bene, ah prima di uscire metti di nuovo la benda che ho messo sulla specchiera”.
Nell’attesa misi il costume e l’aspettavo seduto sul margine del letto con i gomiti poggiati sulle ginocchia e le mani incrociate. Dopo 10 minuti Bianca aprì la porta e uscì solamente con la testa e disse:
“Nik? Perché mi hai fatto mettere il costume?” Nik dio mio lo adoro quando mi chiama così
“ dai esci, non essere timida, ti guido io” con le guance tutte rosse mi rispose:
“va bene” quando la vidi con quel costume bianco addosso rimasi senza parole, era meravigliosamente bellissima.
La portai nel posto più bello e rilassante della stanza, la piscina era circondata di rose rosse e bianche, i petali rossi per terra, e le lampadine bianche sparse per la stanza, l’acqua della piscina calda.
Le tolsi la benda e le dissi:
“Beh! Che ne pensi? Ti piace la sorpresa?” con l’aria felice mi disse:
“E’ tutto bellissimo ma soprattutto romantico” .
“Sono felice che ti piaccia, sai devo dirti una cosa” si girò verso di me e mise le mani nei miei fianchi, aveva le mani fredde:
“ Dimmi” e sfoderò un meraviglioso sorriso:
“ Sei molto importante , ogni giorno che passa mi rendo conto di quando vali per me, sei bellissima, hai un carattere meraviglioso, mi sai ascoltare, comprendere, sei dolce…potrei stare all’infinito a dirti cose ma non voglio perdere tempo perché la cosa più importante è che se tu lo vuoi, ci terrei tanto, insomma, vuoi cominciare a far parte della mia vita?” Non esitò neanche un secondo per rispondere:
“ Si! Si! Si! Non vedevo l’ora che me lo domandassi, anche io penso le stesse cose di te”. Non la feci finire di parlare e la baciai, fu il momento più bello della mia vita, capii che Bianca sarebbe stata la ragazza con cui avrei passato tutto il resto della mia vita, entrammo nella piscina e passammo tutto il tempo a giocare a scherzare ma soprattutto a baciarci.
Passarono quattro anni e durante una partita, tra il primo e il secondo tempo mandai due miei compagni di squadra, che erano in panchina, a prenderla, io mentre andai immediatamente nello spogliatoio, mi cambiai e mi recai al centro del campo e quando arrivò Bianca di fronte a me mi inginocchiai e le chiesi:
“ Bianca, ormai sono passati quattro anni della nostra meravigliosa storia d’amore, tu sei meravigliosa, alza lo sguardo al cielo” la vidi con le lacrime agli occhi, alzò lo sguardo e vide passare un aeroplano che portava uno striscione con scritto ”BIANCA! VUOI DIVENTARE MIA MOGLIE E SOPPORTAMI PER TUTTO IL RESTO DELLA TUA VITA?” Si voltò a guardare lo stadio e quando guardò me, con la testa fece cenno di si, lì diventai il ragazzo più felice del mondo, le misi l’anello e l’abbracciai talmente forte da toglierle il fiato, d’un tratto i tifosi applaudirono tutti e li la baciai.
3 mesi dopo…
Finalmente il mio sogno si è avverato, la mia carriera da calciatore va molto bene, sono sposato con la ragazza più bella e gentile del mondo e soprattutto sono il ragazzo più felice mondo.
Antonina Lentini
Antonina Lentini
2 commenti:
Che bello, finalmente la storia in Russia, grazie!! Forza Russia, anche se non mi piace molto il calcio, bel racconto, è ok.
Здравствуй, это я спросил я вам историю в России, я вижу, что вы придумали, пришла красивая, спасибо :-) Я по-прежнему следовать за вами.
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